Una società che fa paura
E se il problema della nostra società non fosse altro che un troppo ampio gap generazionale? Forse si tratta di una generalizzazione troppo grande, però sicuramente buona parte dei disturbi che gli adolescenti di oggi hanno è riconducibile all’assenza di comunicazione.
Assenza di comunicazione.
Probabilmente questa definizione sembrerà paradossale in una società in cui abbiamo i mezzi più potenti e veloci che ci permettono di mantenere i contatti in tempo reale con qualsiasi parte del mondo. Ma in realtà non credo che lo sia. Non credo che lo sia perché i ragazzi tendono a farne un uso spropositato, una sorta di maschera sociale, non più per nascondere la propria identità, scopo per il quale una volta venivano usate le chat, ma per nascondere le proprie emozioni e superare le difficoltà di un rapporto sviluppato personalmente.
Difficilmente gli adulti di oggi riescono a capire i disturbi e i disagi che gli adolescenti si trovano a dover affrontare, semplicemente perché è cambiata la società in cui viviamo, sono cambiate le abitudini, sono cambiati i tempi, è cambiato il modo di vivere e rapportarsi agli altri.
“Una cosa fondamentale per la società di oggi è l’alfabetizzazione degli adulti riguardo i nuovi mezzi di comunicazione di massa” afferma Maria Rita Pardi di Lodrone, scrittrice, psicologa e psicoterapeuta “la conoscenza di internet e di tutte le possibilità, fondamentalmente positive, ma anche negative che internet comporta. Internet è un mondo virtuale che corre parallelo alla vita reale, e molti giovani per solitudine, per trovare contatti che poi sperano di poter amplificare, per poter ancora credere nei propri sogni, per ricercare sesso, per curiosità, lo utilizzano. Tutti gli adolescenti sono curiosi, tutti lo siamo stati, solo che noi non avevamo a disposizione uno strumento così potente come quello che hanno i nostri figli.”
Il progredire della scienza offre, quindi, all’uomo un’ampissima gamma di mezzi di comunicazione, ma non solo. Il mondo è in continua evoluzione sotto ogni punto di vista, e stare al suo stesso passo è sempre più faticoso: faticoso per gli adulti che vedono cambiare le proprie abitudini di sempre, faticoso per i giovani che, per quanto facciano in fretta ad adattarsi, rinunciano con un pizzico di malinconia alle abitudini dell’infanzia, e faticoso anche per i bambini, i cosiddetti nativi digitali che, proprio perché cresciuti in questa nuova era, non saprebbero come cavarsela senza tutte le comodità di oggi.
“L’umanità”continua Maria Rita Pardi, “ha sempre fatto pessime cose e stupende cose. Da una parte ci sono l’arte, la letteratura, la cultura, la musica, la filosofia, la psicologia, la pedagogia, l’architettura, l’ingegneria, la meraviglia di tutto ciò che gli uomini hanno saputo edificare, costruire. Dall’altra parte però c’è una distruttività impressionante, che deriva, da un’angoscia di morte, che diventa «io morirò ma morirete tutti», «io ho bisogno di distruggere affinché tutto venga con me», «io non riesco a edificare e costruire, oppure edifico e poi distruggo» è come una sorta di rappresentazione della condizione «io nasco ma poi vado a morire». Quindi questa tragedia che fa parte della storia degli esseri umani ha avuto nel tempo manifestazioni terribili: le lotte, le guerre, i controlli, gli assassinii, i crimini, ferocissimi e gravi tanto quanto lo sono ora, solo che noi ora abbiamo un modo diverso di affrontarli. Abbiamo un modo diverso di affrontarli perché gli studi si sono evoluti perché gli strumenti di comprensione e decodifica della realtà si sono amplificati a mille, perché la scienza ha fatto progressi eccezionali, perché la comunicazione permette a tutti di sapere in un batti baleno tutto quello che accade. A tutto questo si aggiungono anche dei crimini che prima non sarebbero emersi: se cinquant’anni fa avessimo parlato di pedofilia non ci sarebbe stato nessun reato né alcuno scandalo, oggi, invece, la pedofilia, l’abuso, la violenza, la violenza domestica, la violenza nei confronti dei bambini, la pedopornografia, sono sotto gli occhi di tutti perché c’è una società di comunicazione che te lo permette”.
Sono i tempi ad essere cambiati, sottolinea quindi la psicologa. I tempi sono cambiati e con essi è mutata la società in cui viviamo. È sicuramente vero che oggi si hanno più diritti di quelli che si potevano avere cinquant’anni fa, ma è altrettanto vero che ci sono maggiori rischi e questi dipendo specialmente dal progresso della tecnologia. Tecnologia che però, come direbbe Oriana Fallaci, forse dovrebbe avere dei limiti. Perché dei limiti? “Il sublime Leonardo da Vinci che da pittore dipingeva squisite Madonne e squisite Monne Lise e squisitissime Signore con l’ Ermellino, ma da scienziato offriva i suoi servigi a Ludovico Sforza e progettava macchine da guerra allora inimmaginabili. Super cannoni, super mitragliatrici, super carri armati, super elicotteri per bombardare la gente. L’ onesto Oppenheimer che insieme a Teller costruì l’ atomica.” In realtà è impossibile porre un limite alla scienza, è impossibile porre un limite al progresso, ciò che si dovrebbe imparare a fare è gestire le risorse che abbiamo a disposizione nel giusto modo.
Nel 1992 una bambina di nome Serven Cullis-Suzuki raccolse dei fondi per poter partecipare al Vertice della Terra a Rio de Janeiro, lasciando l’intero gruppo dei membri delle Nazioni Unite letteralmente senza parole(http://youtube.com/watch?v=dqt9nMrSWy4): descriveva il punto di vista dei giovani come lei, che a quel tempo aveva 12 anni, riguardo i problemi ambientali che il mondo si trovava ad affrontare evidentemente con troppa leggerezza. Il punto di vista di una bambina che ha lasciato tutti senza fiato, il punto di vista di una bambina che a soli 12 anni si trovava ad avere più coscienza e capacità critiche di chi avrebbe dovuto governare e proteggere il nostro pianeta. Il discorso di Seven Cullis-Suzuki continua ad essere assolutamente attuale anche oggi, continua ad essere attuale perché per quanto i tempi siano cambiati evidentemente le coscienze sono rimaste immature, immature persino agli occhi di una bambina.
“Abbiamo strumenti che ci possono veramente ledere, abbiamo inquinamenti che possono toccare tutto il nostro mare, vedi l’inquinamento atomico, abbiamo bombe, abbiamo armi, abbiamo conoscenze, che possono fare di noi esseri senza futuro. Allora tutto questo, noi dovremmo, diciamo, evitare di passarlo come una conditio sine qua non ai giovani, dobbiamo renderci conto che i ragazzi hanno bisogno di fiducia e di speranza nel futuro, hanno bisogno che noi governiamo differentemente armi e strumenti di distruzione, hanno bisogno di avere speranza in noi. Dobbiamo alfabetizzarci nell’uso degli strumenti di comunicazione di massa, sia come genitori che come nonni, dobbiamo essere bravi tanto quanto i nostri ragazzi ad usare questi strumenti, e invece non lo siamo, c’è un gap generazionale per cui i ragazzi possono da soli, senza mediatori, senza referenti, senza punti di riferimento, andare direttamente a fonti di cose, che poi non possono contenere, a vedere cose, a sentire cose, a prendere atto di cose che poi non riescono a contenere come esseri umani, né dal punto di vista emotivo, né dal punto di vista cognitivo. Noi dobbiamo evitare qualunque distruzione, per far questo ci vuole volontà politica, ci vuole preparazione, ci vuole competenza, ci vogliono conoscenze, ci vuole cultura.”
Conclude così Maria Rita Lodrone il suo discorso a dir poco agghiacciante. Niente di ciò che ha detto è a noi sconosciuto, ma sicuramente è riuscita a illuminare una parte di realtà che da sempre cerchiamo di ignorare. L’uomo ha delle responsabilità, delle responsabilità verso la natura e verso le nuove generazioni, responsabilità che prima o poi dovrà assumersi. Le guerre, i crimini, gli assassinii, come li elenca la psicologa, sono sempre esistiti, ma oggi hanno un aspetto ancora più terrificante: nuove strade da poter percorrere, nuove vie di accesso, una semplificazione della criminalità che può e deve essere combattuta.